Piazza Venezia: nodo della Storia. Prima parte.
Siamo in uno dei punti di più intenso traffico della città eterna: punto di snodo della viabilità del centro e anche della storia della città. La piazza è un’immensa rotonda che smista il traffico cittadino, autobus, auto, scooter, n.c.c., taxi e pullman a due piani compressi nelle diversi direzioni.
Ogni direttiva, ogni strada che da qui si diparte ha la sua storia da raccontare.
Lo sguardo viene attirato come una calamita dalla soprannominata torta nuziale, o macchina da scrivere o ultimamente addirittura dentiera e urinale. È il Vittoriano, inaugurato nel 1911 e 9 anni dopo diventato anche l’altisonante monumento al milite ignoto con una cerimonia che fece attraversare tutta l’Italia al feretro di un soldato ignoto, scelto da una madre che aveva perso il figlio nella I guerra mondiale, e che venne salutato con commossi festeggiamenti in ogni stazione ferroviaria. E quindi ribattezzato da D’Annunzio Altare della Patria.
Il bianco del marmo Botticino crea in stile architettonico quel taglio cesareo che la nuova famiglia reale, i Savoia, voleva creare tra il passato e la Roma Moderna.
È un fatto di stile, quello neoclassico che in una città rinascimentale-barocca con tocchi medievali, urla violento come aggressivo voleva essere anche lo stile futurista del tempo. Quel complesso, ispirato agli antichi santuari romani, con la sua pietra proveniente dalla nordica Brescia nasconde il Campidoglio, collina fortezza degli antichi romani e simbolo del potere cittadino dal XII secolo.
Al centro di numerosi gruppi statuari, quelli bronzei rappresentanti il pensiero e l’azione, le fontane il mare Adriatico e quello Tirreno, rilievi difficilmente leggibili ispirati già ad uno stile liberty ma in un materiale inadatto industria, agricoltura, sacrificio e così via in una carrellata di retorica. Al centro la dea Roma, rappresentata come Minerva, una dea guerriera con fondo in oro e sovrastata dall’imponente statua di bronzo di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Una statua così grande che ci poterono mangiare in trenta prima di chiuderla e si ricordarono bene d’immortalare il momento per i posteri in una specie di lontano antenato dei selfie.
Con la cacciata della famiglia reale,
che aveva favorito la salita al potere di Mussolini e che se l’era data a gambe nel momento di maggiore terrore della II guerra Mondiale, l’ingombrante monumento divenne ancora più ingombrante.
Venne allora celebrato un processo tra gli intellettuali a metà degli anni ’80. Tra i difensori più accaniti c’era il proprietario della galleria d’arte neoclassica Apollodoro (da tutti soprannominata Al Pollo D’Oro per sottolineare l’affare che facevano i clienti nella compera dei capolavori) il quale sosteneva che il monumento fosse un’esposizione di tutti gli stili e le scuole italiche (erano stati chiamati artisti diversi da tutte le regioni per la sua realizzazione). Sicuramente gli intellettuali contro erano tanti ma si poneva il problema dello smantellamento con gravi conseguenze per il traffico cittadino oltre i costi ben poco contenibili. La migliore proposta fu di un architetto e designer fiorentino, Giovanni Klaus Koenig, che propose di sostituire la statua di Vittorio Emanuele II con quella del leggendario corridore automobilistico Borzacchini che portava come primo nome quello di Bacunin, celebrando così Sport e indirettamente il teorico della negazione di ogni autorità. Purtroppo la sostituzione, che possiede un certo meritato contenuto umoristico e satirico, degno dello spirito romano di Pasquino, non venne realizzata e si è conservato il monumento integro con la sua idea originale.
Un’idea di modernità
che nasce dal progetto di Mazzini di un’Italia nuova, esempio di libertà ed uguaglianza per tutta l’Europa, ma che purtroppo si arena miseramente nelle repressioni sanguinose delle rivolte post-unitarie per il prezzo del pane e la miseria dilagante, nell’emigrazione italiana che tocca il suo picco storico e si trasforma nel sogno di una fonte inesauribile di benessere, di ricchezza economica e di potere politico che da Mussolini verrà cavalcata trasformando il termine di Terza Roma.
E proprio di Mussolini è l’apertura della strada a destra del Vittoriano, parte della strada del mare, prima autostrada gratuita d’Europa, attuale Via di Teatro di Marcello che oltre a contare questo teatro dell’11 a.C. conta ai suoi fianchi, tra gli altri, la cordonata disegnata da Michelangelo verso la piazza capitolina, le mitiche pendici del Campidoglio o per alcuni Rupe Tarpea (ove venivano compiute le esecuzioni capitali), il convento de Tor de Specchi, il basamento dell’antico tempio di Bellona, tre colonne rialzate del Tempio di Apollo Sosiano, i resti del Portico di Ottavia, sorella di Augusto, S.Nicola in Carcere che ingloba i resti dei templi di Giano, Giunone Sospita e di Speranza, quasi speculari agli scavi archeologici di Sant’Omobono che mostrano le fondamenta del tempio di Fortuna legato al re Etrusco Servio Tullio.
Continua…
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