La bici ai tempi del Coronavirus: ciclismo urbano in contesti di emergenza
Da stamattina al 4 aprile almeno, le nostre abitudini quotidiane cambieranno drasticamente.
Le misure messe in atto dal Decreto approvato da Conte ieri sera sono di certo note a tutti, e non sta certo a noi come Associazione far luce sulle restrizioni per evitare l’ulteriore diffusione del COVID-19.
Quello che possiamo fare come Associazione SalvaiCiclisti Roma è
- evidenziare la parte che interessa il ciclismo urbano e l’uso della bicicletta in città;
- cercare di fare considerazioni di carattere generale sui concetti collettivi di responsabilità e buon senso.
Va innanzitutto fatta un’importante distinzione, quella tra ciò che è proibito e ciò che è sconsigliato. Se da una parte il testo del Decreto parla chiaramente di evitare spostamenti di persone fisiche all’interno del territorio nazionale salvo per casi di necessità, d’altra parte è consentita “l’attività motoria individuale all’aria aperta, a patto che si rispetti la distanza interpersonale di un metro”.
Va fatta poi un’altra importante distinzione, quella tra ciclismo sportivo, ciclismo urbano e ciclismo di svago.
Mentre ogni evento legato al ciclismo sportivo è stato sospeso, andare in bici al lavoro o a fare la spesa si può, ricordandoci come essa sia innanzitutto un mezzo di trasporto. E se prendiamo in considerazione i Decreti sulle misure di contenimento del contagio emanato dal CdM, si può anche fare attività motoria all’aperto sia esso parco o ciclabile o altro…, a patto che non si sia in gruppo e ci siano le condizioni per rispettare il metro di distanza interpersonale.
Anzi, in un momento come questo è bene ricordare che la bicicletta si conferma un mezzo ottimale per gli spostamenti tanto in un contesto normale quanto in un’emergenza come questa, specie rispetto agli spazi più ravvicinati di mezzi pubblici o abitacoli chiusi di autoveicoli.
Si impone però una riflessione al netto di ciò che è proibito e consentito. Alla luce del senso di responsabilità collettivo in una situazione d’emergenza come questa è bene evitare comportamenti che potenzialmente richiedano l’impiego di risorse sanitarie – vale a dire, di agire in modo da non provocare ulteriore intasamento delle strutture ospedaliere, già in grave difficoltà.
Questo codice di comportamento include senz’altro la limitazione al minimo degli spostamenti senza un valido motivo, siano essi a piedi, in auto o in bici. Ma è bene – e qui dobbiamo metterlo sullo stesso piano – includere in questo ragionamento anche l’esposizione a qualsiasi tipo di rischio che ci possa poi costringere a un’assistenza medica, al momento vicina al collasso.
Questo tipo di esposizione comprende incidenti domestici (da sempre al primo posto per incidenza nelle statistiche “normali”), incidenti stradali da automobili (che in questo periodo guidano con maggiore disinvoltura, forti del minore ingombro sulle strade e del nervosismo collettivo) e qualsiasi cosa che il buon senso e la razionalità ci suggeriscano.
Non abbiamo bisogno né di caccia alle streghe, né di isteria collettiva, soltanto di tanta responsabilità e razionalità.