DAVIDE COLELLA: LA BICICLETTA CREA DIPENDENZA
Davide Colella, 42 anni, giornalista, sposato e padre di un bimbo di due anni ci dice sorridendo che è troppo facile appassionarsi alla bici quando si vive in una zona con parchi bellissimi ricchi di vestigia antiche.
LA BICI COME UNA SFIDA
Troppo facile appassionarsi alla bici quando vivi tra i quattro più bei parchi di Roma. Acquedotti, Appia Antica, Caffarella, Tor Fiscale, qui in stretto ordine alfabetico. Scenario ideale per scaricarsi, andare a zonzo, respirare tra le testimonianze della storia ma sempre parteggiando per la resilienza della natura nei confronti del cemento che non vincerà.
In altre zone della città in cui ho vissuto, la bicicletta è stata quasi una sfida. Raggiungere il centro oltrepassando il raccordo anulare dalla consolare Tiburtina è sempre un argomento che può risolvere una serata. Tanto quanto la poesia delle pedalate tra Via della Cesarina, Parco della Marcigliana e le distese di Pratolungo.
Ma qui è diverso.
IL QUADRARO, UN QUARTIERE DI CICLISTI
Il Quadraro è un quartiere di ciclisti. I fondamentalisti spuntano come funghi. Gente pericolosa che non considera altro mezzo di locomozione che non sia la due ruote a pedali. Sovversivi che hanno autoproclamato la zona 30 km/h in attesa che una qualche municipalità la decreti davvero. Esistono brandelli di ciclabile non sempre collegati ma non ci si scoraggia. Arrivare in centro è in realtà una sana passeggiata e l’obiettivo di entrare nel ristretto circolo di virtuosi che vanno almeno un paio di volte a settimana al lavoro in bici è piuttosto alla portata.
L’ADRIATICA
La mia compagna di scorribande si chiama come la A14, Adriatica. Mi piacciono alte. Da ragazzino te le accollano sempre troppo grandi. Poi cresci, ti dicevano. A 16 anni, trafugavo il lettore cd dal salotto, lo infilavo nell’invicta con una decina di dischi e, zaino in spalla, mi avventuravo in bici sotto il sole della Sicilia per andare a fare un programma alla radio. Tutti i giorni.
Da ragazzo, certamente, si tratta di una virtù necessaria. Non sempre ti comprano il motorino o la macchina. Da adulti è una scelta critica e responsabile. Temeraria.
LA GIUNGLA CAPITOLINA
Avrei dovuto scrivere così. Tra buche, incroci, sportellate, auto disposte a scacchiera e telefonini, pedalare a Roma è una roulette russa. Va detto che nella stragrande maggioranza dei casi gli automobilisti sono disposti a cedere il passo, a rallentare e limitare i pericoli. La guida nella giungla capitolina non è priva di imprevisti per nessuno. Meglio se affrontata con sorriso e pollice in su.
Ma non mancano altri tipi di rischi. Desiderare mezzi più performanti. Mettersi in coda per collezionare chiavi, lucette, catarifrangenti e magliettine glamour. Forme più avanzate di dissociazione possono manifestarsi con la brama di accessori come il portabici per l’auto, per non separarsi più dal proprio mezzo né al mare né in montagna. Sempre che non si decida di andarci pedalando.
IN BICI CON MIO FIGLIO
Il mio caso di follia temo sia classificato tra gli irrecuperabili. Da più di un anno vado a spasso con mio figlio che non ha ancora due anni. Ed è dipendenza vera. Seggiolino. Casco. Suona il campanello papà. Si parte. E su Capannelle atterrano gli aerei. Le farfalle svolazzano. Le ragazze salutano. Le pecoreeeeeelleeeeeeee. E il sole già va a dormire dietro l’acquedotto e la ferrovia. Ecco il treno: ciuuuuuff.
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