Conosciamo le norme per il finanziamento della mobilità ciclistica
La Legge dello Stato 366 del 19 ottobre 1998 ha individuato le “norme finalizzate alla valorizzazione ed allo sviluppo della mobilità ciclistica” (art. 1). Di indubbio valore, tale atto è però spesso citato in modo incompleto. Vediamo perché.
Le finalità della legge
Gli interventi volti al conseguimento dell’obiettivo di cui all’art. 1 possono essere costituiti da realizzazione di reti di piste ciclabili e ciclopedonali, costruzione e dotazione di parcheggi attrezzati riservati alle biciclette, messa in opera di segnaletica luminosa verticale e orizzontale specializzata per il traffico ciclistico, predisposizione di infrastrutture atte a realizzare l’intermodalità tra biciclette e mezzi di trasporto pubblico, e ogni ulteriore intervento finalizzato allo sviluppo ed alla sicurezza del traffico ciclistico (art. 6).
La norma cardine
L’articolo della L. 366/98 che tutti ricordano è il 10, che ha modificato il Codice della Strada in modo decisivo.
Il nuovo comma 4-bis dell’art. 13 prevede infatti che: “Le strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere C, D, E, ed F del comma 2 dell’art. 2 (escluse, quindi, autostrade e superstrade) devono avere, per l’intero sviluppo, una pista ciclabile adiacente purché realizzata in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza”.
Similmente, in base al nuovo comma 2-bis dell’art. 14 del C.d.S., “Gli enti proprietari delle strade provvedono altresì, in caso di manutenzione straordinaria della sede stradale, a realizzare percorsi ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza”.
E’ quindi sulla scorta dei “programmi pluriennali” che si deve valutare la concreta fattibilità delle piste ciclabili di cui alle succitate disposizioni, le quali solo in astratto ne prescrivono la realizzazione.
I programmi pluriennali
Sono atti, stilati dagli Enti locali, di pianificazione nel lungo periodo degli interventi in determinati ambiti, compreso quello della mobilità.
Quello riferibile a Roma Capitale sarebbe individuabile nel Piano Quadro della Ciclabilità, che risale al 2012 nella sua ultima revisione.
Tale documento, sebbene imperfetto e del quale si chiede a gran voce un ulteriore ripensamento, costituisce la “linea guida” dell’agire amministrativo nel campo della mobilità dolce per il periodo 2010-2020.
In tale testo, per l’appunto, non troveremo precise disposizioni in merito alla concreta realizzazione di piste ciclabili, bensì solo “dichiarazioni di intenti” volte a chiarire la volontà dell’Ente di procedere alla “manutenzione” ed espansione della rete ciclabile esistente.
In tal senso depone anche il capitolo sul potenziamento della mobilità ciclabile, che costituisce uno dei pilastri su cui regge il PGTU (Piano Generale del Traffico Urbano), approvato con deliberazione di Assemblea Capitolina n. 21 del 16/04/2015, che incorpora e integra il PQC (Piano Quadro della Ciclabilità):anch’esso, documento programmatico.
Peraltro, esistono atti amministrativi che attuano le astratte previsioni contenute nel PQC: uno di questi è il Piano Operativo Città di Roma Capitale (PON Metro), che individua gli obiettivi da realizzare “immediatamente” (in un arco temporale che si estende sino al 2020): tra questi, molti gli interventi sulle ciclabili.
Cosa rimane della prescrittività della 366/98
Appare ora chiaro quale sia il limite apposto alle previsioni di cui all’art. 10 della 366/98.
Indubbiamente vincolare all’esistenza, in primo luogo, e al contenuto poi, di un programma pluriennale la realizzazione di piste ciclabili da parte dell’Ente locale costituisce per quest’ultimo un escamotage molto allettante.
Tuttavia, la genericità delle previsioni contenute nei programmi pluriennali non valgono sino in fondo ad evitare l’attuazione della 366/98.
Se, infatti, uno degli ostacoli che vengono maggiormente opposti è la mancanza di fondi per la realizzazione delle piste ciclabili, questo è invero facilmente superabile grazie ad un’altra norma, che detta specifiche regole per l’attuazione della 366/98.
Il Decreto Ministeriale n. 557 del 30/11/1999
Questo costituisce il “Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”, nel quale vengono dettate linee guida per la realizzazione degli itinerari ciclabili tenendo conto sia delle concrete situazioni di traffico sulle strade, che dell’impegno economico sostenibile dall’Ente locale.
Proprio su quest’ultimo punto, appare determinante la previsione di cui all’art. 6, comma 2, in base al quale la pista ciclabile “… può essere realizzata b) su corsia riservata, ricavata dalla carreggiata stradale, ad unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed ubicata di norma in destra rispetta a quest’ultima corsia, qualora l’elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia di delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia”, e da quella di cui all’art. 4, comma 6 per il quale tali percorsi ciclabili (che noi tutti comunemente chiamiamo bike lanes) sono ammessi “nelle situazioni in cui non sia possibile, per motivazioni economiche o di insufficienza degli spazi stradali, realizzare piste ciclabili”.
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