A caccia di pozzanghere
È lunedì. La mia bici ed io non cominciamo dal comune di Roma, questione di qualche km e un aeroporto. Roma comincia dove cominciano le buche, proprio così. Oltre alle buche c’è una lunga fila di auto, che sogna di raggiungere il raccordo.
Ogni auto si comporta a modo suo: c’è chi mi lascia spazio, chi mi chiude la strada, chi apre il finestrino e dice “Daje che arrivi prima te!” e mi vien da sorridere. È facile, se l’avversario è fermo. In fondo si vede il raccordo, la solita ordinata fila, un muro per le auto e un muro per le biciclette. Non si cammina in macchina, non si può attraversare né ci si può pedalare.
Primo sotto passo, bello colorato, a tema, biciclette e indicazioni stradali, camminare al centro perché ai lati ci sono ricordi organici e vetri. Fino a qualche anno fa, c’era solo questo di sottopasso, mancava l’altro pezzo di raccordo da superare. Non te ne fai niente, se sei in bici. Qualcuno ha deciso di liberare questa situazione e si è inventato e ci ha sudato con pala e picca, un sottopasso. Il sottopasso dei sette nani! Un tunnel di servizio, che passa sotto a una parte del raccordo.
Il sottopasso dei sette nani! Un tunnel di servizio, che passa sotto a una parte del raccordo.
Risalgo, mi assicuro di non andare a sbattere su un pony che ogni tanto vaga libero e addormentato come me. Da qui dicono cominci Roma. Passato il Raccordo, puoi dire “sono a Roma!”. Fila di auto, ferme o poco mobili. Al semaforo, che dura molto, cerco di accostarmi a qualcuno con il finestrino aperto, di solito c’è il giornale radio a quest’ora e sai mai che ci sia qualcosa di fondamentale da sapere.
Qualche volta si commenta pure assieme, se sei bloccato in auto, tanto vale pensare di essere al bar e stare là a pontificare sui massimi sistemi. Quando c’è calciomercato sì baccaglia proprio, però ci viene da ridere dopo un po’. Quando c’è il meteo, e prevedono pioggia, qualcuno si preoccupa “e mo come fai?”, e spiego che ho l’antipioggia, ed è bellissimo andare a caccia di pozzanghere quando sai di non essere idrosolubile. Splash!
Due secondi di silenzio
Si riparte, Tuscolana a gogo, con i semafori e l’attimo perfetto. Bisogna farci un po’ di pratica, bisogna dare del tu alla sincronizzazione. È quando sai che il prossimo verde è il tuo tu ne approfitti di quei due secondi per partire. Due secondi che ti fanno lasciare alle spalle tutti i problemi dell’incrocio: quello che gira a destra senza freccia, quello col motorino che sona canta e fischia perché non fai i 0-70km/ h in 6 secondi.
Due secondi di silenzio. Quel brivido quando non li senti partire “Ma che, non era il mio verde?”...e invece eccoli, ruggiscono e partono. Olè, eccovi! nun me fate preoccupa’! Giriamo per l’Appia, è tutto così bloccato che è facilissimo cambiare corsia, la mattina. Piazza Re di Roma. Ecco da qui è indiscutibilmente Roma, dai. Che poi dove vedete la piazza, mica lo so.
Questa è una rotonda, non è una piazza! La piazza è dove ci si incontra, si passeggia, dove ci sono i piccioni, le signore con la spesa, i signori col giornale sotto braccio e il lunedì uniti in capannelli a discutere le partite, il martedì di politica, il mercoledì delle coppe, il giovedì dei mercati, il venerdì dei nipotini. La piazza è dove i bambini vanno sui pattini e hanno un pallone sotto braccio e dietro l’angolo sono già pronti a lamentarsi dei danni.
Piazza Re di Roma è la rotonda decisiva nel mio essere ciclista urbana. Esattamente qui ho scoperto che vado come una macchina. Fluida seguo il traffico, entro, mi sbraccio (sinistra, sinistra, destra) e appartengo alla strada. Ho diritto e mi trattano alla pari. È una sensazione strana, fino a qualche metro prima ero un corpo estraneo, un “fastidio”, un birillo, da qui procedo con la dignità di una fruitrice della strada. Succede, quando la velocità massima dei veicoli è sui 25km/h.
San Giovanni e poi la solita zig-zagata casuale per Termini (vedo Termini e penso “ora giro e arrivo” e mica è vero), nuovo mercato dell’esquilino affrontato piano piano che i pedoni debbono poter fare traiettorie casuali, incomprensibili perfino agli scienziati con i loro studi sulle particelle. Il principio di indeterminazione è nato sui marciapiedi condivisi, mica studiando ingobbiti sui libri, dai.
Non so se Roma non sia una città per biciclette, a guardarmi intorno mi viene da dire che non è nemmeno una città per auto.
Proseguo imperturbabile, come se facessi parte del sistema. Ovvero mi accodo al primo pedone che mi si para davanti. Inutile superarlo: se superi alla sua destra, si ricorderà di una cosa importantissima da fare là, a destra. Se superi a sinistra, virerà deciso verso quel bar a sinistra. “Speriamo non inchiodi per meditare” mi dico.
Guardo l’ora e ho tempo per la colazione, solito baretto, solito palo, solita barista che scherza “Ah, stamattina non chiamo papà a guardare la bici? Ce l’hai la catena!” Ehm. Anche prima della bici, si sapeva che sono parecchio rimbambita eh.
Intanto Roma attorno è cambiata, ci sono i primi raggi di sole che colpiscono i palazzi, riflettono sui vetri una promessa di giornata limpida, chi aspetta l’autobus si raduna e ammucchia in queste isolette di calore, qualcuno borbotta “tanto non passa, abbronziamoci almeno”. Iniziano le strade con i sampietrini, aiutano la digestione e ti fanno passare le idee reazionarie, a dirla tutta.
Ecco, così è lunedì sul serio
Arrivo. L’ufficio è là ma prima devo attraversare la strada. Fossi una macchina, dovrei fare un bel giro, ma sono una bici e se scendo e spingo sono un pedone. Quante cose eh? Non so se Roma non sia una città per biciclette, a guardarmi intorno mi viene da dire che non è nemmeno una città per auto.
Attraverso da pedone, spero che l’altro mio collega in bici non mi abbia rubato il palo. È libero. Lego la bici, metto nel cestino il cornetto in più che ho preso per farmi perdonare dal collega (oramai è un rito), e comincia la settimana.
Non è lunedì davvero finché non lo si sente scampanellare da sotto, per poi entrare con la prima patacca della settimana sulla giacca (la marmellata non perdona) ed esclamare “buono il cornetto ma il mio palo! C’ero prima io!”. Ecco, così è lunedì sul serio.
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