L’EVOLUZIONE NATURALE DELLA SPECIE
Ho fatto un viaggio di lavoro attraverso tre capitali africane, Gaborone, Addis Abeba e Khartum e ne ho approfittato per capire come viene utilizzato lo spazio in queste grandi metropoli e per osservare come si spostano le persone.
E ho deciso di contare tutte le biciclette che avrei incontrato.
Questo articolo parla di ciò che Roma può insegnare al mondo.
GABORONE
A Gaborone non ho incontrato nessuna bicicletta.
E’ stata una visita molto veloce, con rapidi trasferimenti a bordo dei soliti SUV.
Le auto ufficiali, soprattutto delle organizzazioni internazionali, sono sempre dei SUV. Sono grandi, incutono timore, rappresentano la capacità di arrivare ovunque, di dominare la natura. Il SUV è l’auto perfetta per rappresentare il potere.
Gaborone è una città moderna, ricca, con un impianto urbanistico progettato a tavolino all’inizio degli anni ’60 in maniera razionale, funzionale. Ogni cosa, a Gaborone, è funzionale alle automobili. Anche l’esistenza di un a piccola isola pedonale al centro della città.
La città si sviluppa su un’area perfettamente piatta. Il 20% dei lavoratori sono occupati nel settore finanziario. Gaborone è il luogo ideale per per un modello di mobilità basato sulla bicicletta. Potrebbe essere come Amsterdam.
E invece la mappa di Gaborone mostra una rete di autostrade che attraversano la città e ne disegnano la forma. Non c’è da stupirsi se questo ci ricorda qualcosa di familiare. Anche Roma è attraversata da una fitta rete di autostrade urbane.
A Gaborone anche i SUV faticano a farsi notare. Il parco auto di Gaborone è moderno e sterminato. Però il Botswana ha spazi immensi. Due milioni di persone abitano una superficie grande come la Francia. Secondo un detto popolare, in Botswana tutti si conoscono fra loro. C’è ancora molto spazio da riempire.
L’automobile è il simbolo della ricchezza che l’estrazione dei diamanti porta al Botswana. Alloggiavo in un grande albergo al centro della città e l’anonima fotografia che ornava la parete sopra il letto ritraeva una strada piena di automobili.
Così, Gaborone mette in scena il dominio dell’automobile sul secolo XX.
ADDIS ABEBA
Ho contato quattro biciclette ad Addis Abeba.
Se ad Addis Abeba chiedi come si spostano le persone ti risponderanno: le persone camminano.
Ed è vero! Le strade di Addis Abeba sono zeppe di gente che cammina. Di giorno e di notte, la città sembra non fermarsi mai.
Ma Addis Abeba è anche un unico, interminabile, inestricabile ingorgo di automobili. Frequento irregolarmente Addis Abeba dal 2009. Qualche anno fa, l’incrocio fra Airport Road e Gabon Street era un enorme sterrato, con bancarelle intorno, difficilissimo da attraversare in auto, pieno di buche, sassi, e di gente che camminava per la strada.
Al suo posto è stata ricavata una rotonda con al centro una enorme voragine, che permette di canalizzare il flusso di auto su due livelli sovrapposti. Un’opera mostruosa, divenuta immediatamente il luogo di colossali ingorghi.
Proprio dentro questo ingorgo ho visto una delle quattro biciclette di Addis schizzare tra le auto.
Il taxi – una vecchia Lada con incredibili sedili in pelo sintetico – mi stava accompagnando in aeroporto. Ero già in ritardo e avrei voluto scendere e rincorrere quel ragazzo.
Probabilmente ad Addis Abeba l’invito ad usare la bicicletta susciterebbe le stesse reazione che suscita a Roma.
Ci sono le salite! Si, Addis Abeba ha più di sette colli e alcune strade, diversamente da quello che accade a Roma, meritano davvero il nome di salita.
Ma piove! Si, mi sono trovato sotto degli acquazzoni durante la stagione delle piogge. Quando a Roma parliamo di “temporale tropicale” in realtà non sappiamo esattamente di cosa stiamo parlando. I temporali estivi di Addis Abeba sono un’altra cosa.
Ma l’aria è inquinata! Si, Addis Abeba è l’inferno in cui è stato gettato il parco auto che circolava in Europa e in Unione Sovietica negli anni ’70. Da quanto frequento Addis Abeba ho visto la situazione degenerare di anno in anno.
Dopo due ore in strada, gli occhi iniziano a lacrimare si fa fatica a respirare. Addis Abeba si trova a 2400 metri sopra il livello del mare. Il pensiero di respirare aria rarefatta e satura di polveri sottili è orribile.
Ma è pericoloso! Si, camminare ad Addis è pericolosissimo. Nei singoli incidenti, morti e feriti si contano a decine. Se Londra ha 2 morti ogni 100.000 a causa di incidenti stradali, Addis Abeba ne ha 37 ! Si tratta di un vero e proprio massacro di persone che la logica del cosidetto sviluppo e l’industria degli appalti internazionali sacrifica sull’altare di uno sviluppo urbano senza controllo, insensato, suicida.
Si, amo moltissimo Addis Abeba, mi sento veramente a casa.
Così, Addis Abeba mette in scena la violenza con cui l’automobile spazza via la natura umana: camminare in posizione eretta.
KHARTUM
Khartum rappresenta invece, in questo viaggio, la possibilità del riscatto.
Khartum si trova nel mezzo del Sahara, nel punto in cui il Nilo Blu e il Nilo Bianco si incontrano per proseguire verso il Mediterraneo. Come Gaborone, la città occupa una superficie completamente piatta. Come Addis Abeba, è stata riempita di automobili fino all’inverosimile.
Nelle periferie, le strade sono piene di officine e i bambini camminano scalzi sopra i parabrezza frantumati. L’aria è satura dei gas di scarico, irrespirabile. Ho camminato per una mattinata intera sotto il sole di Khartum, dalla pariferia fino alla confluenza dei fiumi, nel cuore della città. Dopo una settimana sento ancora la gola bruciare e nelle narici l’odore dei gas di scarico. E’ disgustoso.
Però a Khartum ho visto 8 biciclette.
Due biciclette trasportavano acqua con grosse taniche fissate al portapacchi.
Altre due biciclette trasportavano merci varie. Non avevo mai visto questo tipo di bicicletta. Doppia canna, ruota davanti piccola per fare spazio ad un ampio cesto. Probabilmente non una bicicletta eccezionale, ma ottima per una città pianeggiante e con strade dritte e ortogonali, come Khartum: una bicicletta concepita su misura per la sua città.
Una bicicletta era appoggiata al muro vicino ad un cumulo di immondizia. Ma lei scintillava sotto il sole.
Due biciclette riposavano sotto un albero, davanti alla facoltà di ingegneria.
E l’ultima bicicletta, fotografata di nascosto sotto il sole a picco delle due, procedeva con lentezza ai bordi di una delle tante autostrade urbane che attraversano anche Khartum.
A Khartum la bicicletta è una presenza timida ma viva, è uno strumento di lavoro ed oggetto di cura. Proprio come accade a Roma.
ROMA
La bicicletta è stata deliberatamente tenuta fuori da gran parte del continente africano. Le nuove città, come Gaborone sono state progettate a misura di automobile. Le città più antiche, come Addis Abeba o Khartum, ma anche Kampala, Lagos, Accra, Bamako sono state sommerse di automobili.
Nel museo nazionale di Addis Abeba sono conservati i pochi resti di Lucy, la nostra prima antenata in grado di camminare in posizione eretta. E’ la forma del bacino a raccontarci la sua storia. Il continente africano ha insegnato al genere umano a camminare e ora il mondo deve restituire il favore, e portare in Africa le biciclette.
A Roma noi ciclisti urbani ci sentiamo spesso sfortunati rispetto ai nostri concittadini europei, che sono riusciti a costruire, intorno alla bicicletta, un modello di mobilità nuova e più sostenibile. Ma a Roma siamo nel mezzo di una trasformazione.
Nel secolo XX, ai cittadini delle metropoli africane sono stati imposti – in tema di urbanistica e mobilità – modelli di sviluppo simili a quelli disastrosamente utilizzati a Roma.
Proprio come Roma, nel secolo XX la faccia di Gaborone è stata disegnata attraverso la costruzione di autostrade urbane.
Come Roma, Addis Abeba è stata invasa dalle automobili ed ora la vasta maggioranza dei cittadini non è neppure in grado di concepire una città senz’auto.
Ma Khartum, come Roma, coltiva una possibilità di riscatto. La bicicletta porta bellezza, è il mezzo di trasporto dei giovani e viene utilizzato come strumento di lavoro. Per quanto questo riscatto possa essere lento, sarà molto difficile arrestarlo.
Lavorando duramente riusciremo ad uscire dall’incubo in cui Roma è stata gettata durante il secolo XX. Quando ne saremo usciti avremo qualcosa di molto importante da condividere con nostri fratelli di Khartum, di Addis Abeba, di Gaborone e di tutte le città che avranno, come Roma, il desiderio di rinascere.
È l’evoluzione naturale della specie.
Salvaiciclisti-Roma, associazione per ciclisti urbani, promuove l’uso della bicicletta come mezzo di spostamento a Roma dialogando con i cittadini, le aziende e le amministrazioni. Diventa socio